È allarme penuria infermieri: entro il prossimo decennio circa 100mila professionisti andranno in pensione. A denunciare il tutto la presidente della Federazione Nazionale degli Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI) Barbara Mangiacavalli, che ha evidenziato: «All’anno si laureano 10-12mila infermieri: con questi numeri non si ha la possibilità concreta di sostituirli uno ad uno».
A loro bisogna aggiungere il numero di infermieri italiani, formati in Italia, che ogni anno si trasferiscono all’estero: stando ai sondaggi, nessuno sembrerebbe intenzionato a tornare poiché non ci sarebbe una valorizzazione a 360° della figura, che pertanto preferisce migrare altrove, soprattutto nei paesi anglosassoni. Sembrerebbe, infatti, che molti decidano di andare nel Regno Unito perché lì è possibile poter conseguire una carriera clinica e educativa in contemporanea.
Secondo la Mangiacavalli, se non si lavora sull’attrattività della professione infermieristica, si sarà costretti a reclutare personale infermieristico dall’estero. Tuttavia, ciò non potrebbe non essere una soluzione ottimale, poiché i Paesi che fornirebbero questo personale non hanno una formazione infermieristica simile a quella italiana, che è di altissimo livello.
Inoltre, la situazione è resa ancora più critica dal fatto che in Italia il 36% degli infermieri dichiara di voler lasciare il proprio lavoro entro 12 mesi, e il 33% di questi dichiara di voler lasciare la professione.
Infine, la presidente della FNOPI ha sottolineato l’importanza di aprire alla possibilità di convenzionamento per gli infermieri, in modo da poter mettere a terra modelli organizzativi che permettano di lavorare insieme per far fronte alle sfide della cronicità e della fragilità.
«I professionisti – ha dichiarato la Mangiacavalli a Nurse24 – sono le gambe su cui cammina il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), sono il capitale intangibile. Ma per questo capitale intangibile non si stanno mettendo in atto politiche di valorizzazione: i modelli organizzativi sono rimasti quelli del 1968, peccato che dal 1968 siano profondamente cambiati i bisogni di salute dei cittadini: l’età media si è innalzata e noi non stiamo invecchiando in buona salute e con una buona qualità di vita». Parole forti, quelle della presidente, che lasciano trasparire un senso di sgomento e preoccupazione per il futuro.